lunedì 2 gennaio 2017

XXI secolo di Paolo Zardi



"L'Occidente aveva esaurita la spinta propulsiva: persa l'ottusa ostinazione con cui aveva perseguito i suoi scopi, smarrita ogni attitudine alla razzia delle risorse altrui. Gli occidentali, semplicemente, non erano più il maschio alfa. Anzi, avevano preso a vergognarsi delle proprie origini. Era stato bello, finché i soldi non erano finiti. E allora mezzo miliardo di persone in sovrappeso, sprofondate da una settantina d'anni in un agio un po' ridicolo - da tardo impero - si erano trovate, improvvisamente, a dover combattere per sfamarsi.

Un buon romanzo breve ambientato in un futuro vicinissimo, un oggi in cui si sono accentuate la povertà, il fanatismo e la delinquenza. Non una grande visione distopica capace di aprire scenari nuovi, solo una pennellata più marcata di alcuni tratti del nostro mondo come già è oggi. Ma quello che riesce a fare Zardi è creare un'atmosfera (tristissima, senza speranza) e trovare una voce credibile: un uomo che resiste, senza clamori e senza eroismi, cercando di costruire faticosamente una piccola isola di amore e costruzione mentre il mondo intorno frana sotto una pioggia incessante. Impegno destinato al fallimento, dal momento che la moglie entra in scena già in stato di semi-vegetale: viene trovata infatti a terra, in casa, all'inizio del romanzo ed il vero intreccio della vicenda è la scoperta, mentre lei sopravvive senza coscienza all'ospedale, di una vita parallela della donna. La storia più vecchia del mondo, uno scenario abbastanza scontato, ma una scrittura ritmata, una certa attenzione ai dettagli, qualche momento non scontato.
Alla fine della lettura viene voglia di dire che non siamo a questo punto, che non ci ridurremo così, che saremo più allegri, più fantasiosi, più solidali. Che vivremo il nostro declino con più dignità.

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