mercoledì 16 maggio 2018

Paradisi minori di Megan Mayhew Bergman

“ Immaginai la mamma balena, stremata dal travaglio, che spingeva il suo piccolo in su, verso la pelle dell'acqua. Il miracolo del respiro nonostante i predatori, il miracolo della vita sulle rotte delle baleniere.”
L'elemento unificante dei bellissimi racconti di Megan Mayhew Bergman sono gli animali, domestici o selvaggi, comuni e rari, pericolosi o in pericolo: gli animali e l'umano, connessi e separati, nel loro comune ambiente, quel paradiso terrestre a rischio di estinzione che è la nostra vita. La scelta dell'angolazione leggermente spostata permette alla scrittrice di cogliere di sorpresa i suoi personaggi, mentre sono soli e si coocupano di un lemure morente, o si godono il loro spazio nel letto insieme ai gatti, o ricordano di essere stati aggrediti da un morso animale ogni volta che qualcuno li avvicina. Scenari toccanti, bizzarri utopisti, insopportabili sostenitori dell'estinzione dell'umanità: donne, soprattutto donne, alle prese con l'amore, la cura, la vita e la morte. Un vita troppo breve per la lunga arte del romanzo, come diceva Grace Paley. Meglio puntare alla raffinatezza del frammento, tra un'ecografia e una camminata, un pianto e una corsa al negozio. Meglio spingere il piccolo a cercare il fiato e incrociare le dita perché la vita del mare morente ci dia ancora spazio, ossigeno, tempo.

Tutto è possibile di Elizabeth Strout

Una raccolta di racconti che mette in scena una comunità, i concittadini di quella Lucy Burton protagonista del precedente romanzo di Elizabeth Strout. Una raccolta di ritratti tratteggiati con grande 'onestà' (verità e onestà sembrano essere due parole chiave nell'universo della Strout e nella sua idea di scrittura). Vite dense di ferite, segreti, vergogne, momenti di luce e calore imprevisti e regalati dal caso: perchè tutto possibile, per tutti noi che viviamo nel caos delle nostre vite piene di amore e dolore, tutto è possibile e imprevedibile. Una grande attenzione alla classi sociali e soprattutto a cosa significa passare da uno status all'altro; una forte pietas per ogni personaggio di cui racconta; la capacità di narrare i momenti di luce che ci abitano senza esagerare. Un libro che ho amato davvero, il migliore a mio parere della Strout. Consigliatissimo per allargare il cuore.

Lealtà di Letizia Pezzali

Gli esseri umani amano pensare che le loro decisioni, corrette o no, riflettano una coerenza interna. Una personalità, una persona. Non c'è nulla che l'essere umano detesti di più dell'assenza di significato'.
Se devo trovare un nucleo a questo romanzo direi che è questo, questa volontà di raccontare una storia rappresentando l'incoerenza, i passaggi a vuoto, la casualità di quello che facciamo: sfida difficilissima, perché nel racconto noi cerchiamo proprio quel senso che la vita spesso non ci regala: si chiama trama, è l'intreccio dei fili, l'ordito che i movimenti delle nostre mani (dei nostri corpi) tessono con i diversi fili che la vita ci presenta.
Se dovessi valutare la riuscita di Lealtà darei un buono, perché buoni sono il progetto, il ritmo, la scrittura non banale e scorrevole come spesso non riesce ad essere tanta prosa italiana che fatica a trovare la misura tra il classico e l'oggi. La frequentazione della lingua inglese forse ha aiutato l'autrice, che ambienta il suo romanzo a Londra nelle banche dell'alta della finanza, dove ha lavorato per anni. Storia di un'ossessione e di uno sradicamento, il romanzo gira intorno al suo centro, consapevole che non esistono mai fatti e persone che non siano filtrati all'infinito dalla rappresentazione che ce ne facciamo.
La giovane Giulia, il giorno dei risultati del referendum che ha sancito l'uscita dalla UE del Regno Unito, ripensa alla sua relazione con Michele, uomo sposato, vent'anni più di lei, amante fedele e premuroso. Ripercorre la loro storia a strappi, tra riflessioni e distrazioni, stanchezze e abbandoni, restituendoci la precarietà e l'opacità della vita come la viviamo, un passo alla volta, in direzioni opposte, con lunghe soste e improvvisi balzi.
Nessuna rivelazione sui misteri della finanza, solo la storia di una solitudine e di un amore che senza clamori diventa fissazione, girone ripetitivo e sottilmente infernale come le infinite Vessazioni di Satie.
Una scrittrice di intelligenza acuta e particolare sensibilità, capace di cogliere istanti e dialoghi, di depistare e procedere lungo vie inconsuete; forse non ancora a fuoco, ma questo è parere mio e vale poco: il romanzo è stato venduto in sette Paesi prima della sua pubblicazione in Italia e i diritti cinematografici sono già stati già acquisiti.

La porta di Magda Szabò

Una porta che non si apre, lasciando fuori i soccorritori per un'emergenza è l'incubo che tormenta la narratrice nella vecchiaia: lei, scrittrice e intellettuale che ha vissuto di parole, nel sogno non ha voce per chiedere aiuto e rimane bloccata all'interno della casa in preda a un'angoscia fortissima. Una porta che non deve essere aperta è invece al centro del romanzo: è quella di , Emerenc donna di servizio di molti appartamenti, instancabile spazzatrice di neve e di foglie, cuoca eccellente e consolatrice di infermi ed afflitti. L'incontro tra le due donne, la giovane scrittrice cordiale ma distaccata e la scontrosa anziana dal cuore infuocato è la traccia che segue la narrazione. Emerenc è un enigma vivente, non rispetta nessuna delle regole della misura e del buon gusto, ma è una eccellente tuttofare che nel momento del bisogno agisce senza risparmiarsi: una forza della natura che sembra vivere in un tempo mitico e astorico, un mondo di sentimenti estremi, silenzi carichi di odio, vendette, urla bestiali, comunicazione immediata con la natura, diffidenza verso qualunque autorità e intellettualismo. Un'anarchica dal cuore immenso, una pazza da rinchiudere, una donna libera da qualunque condizionamento che è stata devastata dalla Storia e dalla vita e ha scelto di difendersi con tutte le sue forze. Un romanzo che nasconde diverse letture ma che lascia un ritratto indimenticabile di una donna fuori dal comune e ci interroga su cosa significhi amare qualcuno rispettandone le scelte.

Manhattan beach di Jennfer Egan



Jennifer Egan si è spostata nel passato dopo tanto postmoderno; ha esplorato la zona portuale di New York al tempo del seconda guerra mondiale, dopo Pearl Harbor, nel momento in cui gli USA si inseriscono nei combattimenti. Ne ha ricavato un romanzo di spazi e luce, spiagge e mare, ma anche di buio, segreti e fughe. La protagonista è una giovane donna determinata e consapevole, pronta a sperimentare se stessa anche nei desideri meno convenzionali, trasformando così l'abbandono del padre e la sospensione delle norme di una società in guerra in un'occasione per diventare ciò che vuole essere.
Tra gangster e locali notturni, fabbriche portuali e missioni come palombara, la storia di Anna si intreccia con quella del malavitoso Dexter e del padre Eddie (un romanzo nel romanzo le sue avventure marittime). Ottimo lavoro che non è riuscito a coinvolgermi fino in fondo- nonostante il personaggio di Anna sia un tributo alle donne e ai loro desideri, anche quando le portano in luoghi oscuri: è laggiù che si possono scovare fosforescenze meravigliose, il pulsare della bellezza di trovarsi dove vuoi e devi essere.
Per il tema delle donne 'liberate' dalla guerra vedere la saga dei Cazalet, per l'ambientazione marittima 'Tutta la luce che non vediamo' di Doerr, per la guerra vera girarsi verso est, direzione l'Europa di allora, o il medio-oriente di oggi.

Come un fucile carico di Lyndall Gordon


La Mia Vita era stata – /Un Fucile Carico – / Negli Angoli – finché un Giorno / Il Proprietario passò – Mi identificò –/ E Mi portò via...

'La biografia di un poeta è come la biografia di un santo: vogliamo capire come il santo o il poeta giungano a compiere i loro diversi miracoli', scive Nadia Fusini nella bellissima prefazione alla biografia di Lyndall Gordon.
Emily Dickinson continua ad essere una figura piena di fascino sia per la forza dei suoi testi poetici che a distanza di oltre un secolo ci toccano con grande immediatezza sia per la sua vita così particolare. Una donna intelligente, piena di vita e di humor che 'sceglie' di vivere in clausura nella camera della creazione, trasformando la 'stanza tutta per sé' obiettivo di tante donne in un luogo di volontario confino dal mondo: la trasformazione dell'esperienza in arte, la sostituzione del mondo 'reale' con il mondo ricreato nella mente non ha però impedito a Emily Dickinson di mantenere vivo il contatto con gli affetti più cari. Le poesie diventano, insieme alle lettere, un mezzo potentissimo di comunicazione con la cognata Sue, il fratello Austin, le amiche e gli amici.
L'appassionante biografia di Lyndall Gordon esplora l'ipotesi che un disturbo epilettico sia stato tra le cause del progressivo ritiro della scrittrice ed è molto affascinante la lettura dei testi di Emily Dickinson in questa ottica. Ma è soprattutto sulla figura di Mabel Todd (amante di Austin Dickinson e prima curatrice della pubblicazione delle poesie della Dickinson) che si concentra il lavoro della Gordon: un'altra figura di donna complessa e indipendente nel mondo puritano della cittadina di Amherst del XIX secolo.

La più amata di Teresa Ciabatti

Un romanzo di cui si è parlato molto, elogiato da critici e scrittori. Teresa Ciabatti racconta la sua infanzia e la sua adolescenza, alla luce di quello che oggi ha saputo e che allora poteva solo vagamente intuire senza consapevolezza. La sua storia si intreccia con uno dei tanti misteri italiani, il fallito golpe Borghese del 1970 e la massoneria. Ma non è questo l’interesse principale del romanzo, non è sulla ricostruzione precisa di quella che è stata la storia di Lorenzo Ciabatti, primario chirurgo dell’ospedale di Orbetello affiliato alla massoneria, che si trovano le ragioni profonde della scrittura: tutto ruota intorno alla bambina che è cresciuta con quel padre che tanto ha amato e che l’ha profondamente tradita.

La scena iniziale si svolge in piscina, nella piscina della lussuosa villa di Orbetello dove Teresa viveva con la famiglia. L'azzurro del cielo e dell'acqua, un coccodrillo verde con cui gioca la ragazzina. Arriva un uomo, ha una pistola;  il padre dice che se ne deve andare con lui, ma che tornerà presto: si tratta di un sequestro, anche se la moglie e i figli non se ne rendono conto del tutto, un sequestro anomalo, il padre ritorna davvero il giorno dopo. Ma quella piscina e quel sequestro sono il centro di un'infanzia segnata da un contesto familiare e sociale fondato sul potere. Il padre è un uomo ammirato, amato, ossequiato in mille modi nel paese di Orbetello: i pazienti portano al suo studio cibo e animali (una delle prime scene racconta il dono di una gallina da parte di un paziente), medici e infermieri sono sempre disponibili come autisti, muratori, idraulici, commessi (sono loro a comprare i regali che la bambina chiede al padre). Teresa è la sua principessa, o almeno è quello che crede di essere: la più amata. Ma la più amata chiede sempre di più, in una specie di sfida con il silenzio della madre, che dorme, acconsente, non si fa sentire abbastanza: i genitori decidono di allontanarla dal paese, il contatto con una realtà diversa non potrà farle che bene. Da quel momento inizia per Teresa l'esilio dal regno fatato del paesello dove tutti la conoscono, dove è la figlia del dottor Ciabatti e tutti la trattano con riguardo. È la prima prova di quello che sarà poi il suo destino: perdere tutto quello che credeva di possedere per diritto divino, il potere sugli altri e sul padre, il privilegio di essere la più amata dall'uomo più importante di quel microcosmo.
La voce di Teresa Ciabatti adulta si nasconde dentro alla voce della ragazzina, ma spesso è la voce della bambina a impossessarsi dell'adulta che scrive. È una voce esplosiva, tagliente, di una ironia feroce e beffarda, piena di desiderio di rivalsa e rivendicazioni. È la voce di una bambina che è stata ingannata, alla quale è stato offerto un regno fondato sulle tenebre e poi le è stato tolto proprio dal padre tanto amato e ammirato. E’ una voce di grande intelligenza, di grande sensibilità linguistica, un monologo delirante e divertente e molto carico di una sofferenza che viene talmente esibita da alimentare il sospetto che il vero dolore non ci sia stato svelato. Anche se Teresa Ciabatti ha scelto una maschera per sé stessa che gioca sulla esibizione della sincerità, anche scomoda, come l’ammissione di essere una donna di quarantaquattro anni che ancora dà la colpa ai genitori delle proprio mancanze, o patologie, o difficoltà - chiamiamole come vogliamo. E qui sta il limite, a mio parere, di un romanzo molto bello che poteva esserlo di più. La voce dei bambini, quando soffrono  - come quella degli adulti nei tanti momenti di regressione - è un monologo su se stessi. Il mondo intorno, le ragioni degli altri, la voce delle sofferenze diffuse non vengono messe a fuoco: un equilibrio maggiore avrebbe reso ‘La più amata’ non solo un buon romanzo (e buono lo è senz’altro) ma una grande lavoro.