lunedì 20 marzo 2017

Il conte di montecristo di Alexandre Dumas

Leggere Il conte di Montecristo è un grande divertimento, uno spettacolo di azioni e scene una dopo l’altra, un continuo attendere il successivo avvenimento. Romanzo su commissione, a puntate, in parte appaltato da Dumas ad altri colleghi meno famosi. Scritto malissimo, diceva Umberto Eco, eppure incantevole.
La storia è nota: Edmond Dantès, giovane marinaio di buon cuore e grande intelligenza, sta per essere promosso capitano del Pharaon e per sposare la bellissima Mercedes: ha diciotto anni e la vita gli si spalanca davanti piena di promesse. Come tutti i cuori puliti Edmond non immagina di essere circondato da invidie, rancori, cattiveria. Il contabile Danglars, che vuole avere il suo posto come capitano della nave, sfrutta la gelosia di Fernand, innamorato di Mercedes come strumento per mettere nei guai Dantès. Sono tempi difficili, Napoleone è in esilio sull’isola d’Elba e la monarchia non si sente tranquilla, ogni sospetto diventa facilmente vittima del sistema giudiziario. Edmond finisce così davanti al sostituto procuratore, il quale è pronto ad ogni cosa pur di far carriera e Dantès potrebbe diventare testimone di una scomoda verità, per cui deve scomparire. Nel giro di poche ore il giovane si ritrova al castello d’If, rinchiuso nelle segrete. In un attimo gli viene tolto tutto: la libertà, la luce, la possibilità di difendersi, il lavoro, gli affetti. La prova che deve superare è durissima, perché il buio è totale e le speranze nulle. L’apparizione dell’abate Faria compirà il miracolo di offrire a Dantès una seconda vita: nelle viscere della terra l’abate porta la luce della conoscenza, di una mente capace ancora di progettare, il calore di un affetto. Tramite lui, dopo averne letteralmente preso il posto, Dantès ritorna tra gli uomini completamente trasformato; il suo cuore si è indurito come ghiaccio e non teme nulla; la sua intelligenza si è affilata come una lama e si è estesa ad ogni campo, la sua volontà è divenuta un’ossessione: fare giustizia, diventare Provvidenza divina, riparare ai torti e punire i colpevoli.
Il conte di Montecristo, come suggerisce Michele Mari nell’introduzione, è il prototipo del morto-vivente, del revenant che sarà portato alla fama nelle vesti del vampiro di Polidori e poi di Stoker: il suo ritorno dal regno dei morti ha i caratteri di una resurrezione, del rinascere a nuova vita, evidenziata dal pallore che contrasta con i tanti caratteri ‘neri’ del personaggio. Torna alla vita, Dantès, dopo aver attraversato l’inferno, con un solo scopo: consumare la propria vendetta - le infinite ricchezze, le droghe, le conoscenze più profonde sono solamente mezzi attraverso i quali raggiungere un potere talmente grande da poter spazzare via i mille poteri per i quali gli esseri umani tramano, intrigano, lavorano senza tregua. In un gioco di maschere e identità segrete e fittizie, attraverso una costruzione paziente e sapientissima, la vendetta verrà consumata e chi ha basato la propria vita sulla ricerca del potere verrà spazzato via dalla violenza della mano del revenant.
Un grandissimo romanzo popolare, una fiaba nera di morti apparenti e di vivi senza cuore.