martedì 17 gennaio 2017

La vegetariana di Han Kang

Yeong-hye è una donna silenziosa, senza pretese, quasi invisibile. Il marito racconta di averla scelta proprio perché aveva pensato che non gli avrebbe creato problemi e non avrebbe avanzato richieste eccessive. È un uomo pratico, non ha tempo e voglia per le difficoltà. Tutto sembra procedere come previsto quando una notte il marito trova Yeong-hye immobile in cucina, al buio, davanti al frigorifero. Non risponde alle domande, non reagisce, sembra sonnambula.
'Ho fatto un sogno...' è l'unica frase che pronuncia. Da quella notte tutto cambia: Yeong-hye ha deciso che non mangerà più carne, né uova, neppure derivati del latte. Da un momento all'altro, per un sogno. Non spiega, non ha motivazioni razionali (scelta salutista, decisione etica) per la sua decisione. Semplicemente, non vuole più, mai più, mangiare qualcosa di animale, neppure cucinarlo. Il marito non si dà pace per questa follia, la famiglia si preoccupa e cerca di convincerla, ma Yeong-hye non cede. Il padre della donna tenta di forzarla ed il gesto violento provoca una reazione estrema.

Preferirei di no', dice Yeong-hye. Ma lo dice con il corpo, perché le parole le sono già lontane. Il corpo diventa l'unica zona di libertà in una situazione vissuta come costrizione; la donna che non aveva pretese diventa la donna che continua a non chiedere niente agli altri e gioca la partita tutta su sé stessa.
"E' il tuo corpo, puoi trattarlo come ti pare. L'unico territorio in cui sei libera di fare come preferisci."

Narrato a tre voci il romanzo passa dal punto di vista del marito di Yeong-hye a quello del cognato, marito della sorella In-hye, un videoartista che guarda alla donna affascinato da quella strana bellezza sempre più magra e pallida; quel corpo provoca in lui desideri potenti al punto da desiderare di coinvolgerla in una performance che ne esalti la natura 'vegetale' alla quale Yeong-hye sembra avvicinarsi sempre di più.

Ma è la voce della sorella che si avvicina di più ad una comprensione profonda della sofferenza di Yeong-hye. La sorella, che si era salvata da un contesto familiare duro e violento, incarnando la parte della donna efficiente e responsabile, figlia-moglie-madre amorevole e paziente, riconosce il nucleo profondo della sofferenza e quello che comporta il 'gioco delle parti' delle costellazioni familiari. Perché anche impazzire fino ad annientarsi comporta una responsabilità verso gli altri, quella di costringerli ancor di più nel ruolo di coloro che resistono, ce la fanno, vanno avanti.

"Non era più in grado di far fronte a tutto ciò che la sorella le ricordava. Non aveva saputo perdonarle di essersi involata da sola al di fuori di un confine che lei non era mai riuscita a varcare, non aveva saputo perdonare quella meravigliosa irresponsabilità che aveva permesso a Yeong-hye di liberarsi dalle costrizioni sociali, lasciandola indietro, ancora prigioniera. E prima che Yeong-hye spezzasse quelle sbarre, lei non sapeva neppure che esistessero."


La storia de 'La vegetariana' è una storia di ribellione silenziosa, di rifiuto del mondo spinto fino alla dissolvenza estrema. Clinicamente si potrebbe parlare di anoressia o di schizofrenia, ma non è questo il centro dell'interesse di Kar War, che vuole invece esplorare la ricerca di 'purezza', il sottrarsi di una donna alla violenza inscindibile dal nostro stare al mondo: la sua metamorfosi da umano a vegetale ricorda la fuga di Dafne, la sua preghiera di diventare albero per fuggire al rischio di subire violenza da Apollo, di essere coinvolta nella passione carnale che è il centro pulsante dell'essere vivi, del nostro essere nel mondo partecipandone appieno.

Il corpo di Yeong-hye, centro di questo romanzo, è un corpo che subisce, da parte degli altri, diverse violenze: il padre la picchiava, il sesso con il marito è un dovere da sopportare, persino i fiori che le verranno dipinti dal cognato sono comunque una scelta non sua, alla quale si adegua passivamente. Perfino la macchia mongolica che le è rimasta dall'infanzia, quella zona azzurro-blu, ricorda un livido. Un corpo che subisce e che decide di diventare protagonista: a costo di annientarsi.

 'La vegetariana' ci parla del mistero insondabile di chi decide di scivolare via, trasformarsi in terra, evaporare come rugiada; lasciando noi a chiederci se avremmo potuto fare di più. Con quel pizzico di voglia di lasciarsi andare da tenere a bada. Un bel romanzo, che si avvicina più al territorio del mito che a quello della sociologia, come il titolo potrebbe far pensare. Un tema che fa paura, ricchissimo di spunti: davvero viene voglia di riprendere in mano 'Le metamorfosi' di Ovidio.

(la bellissima immagine di copertina è del fotografo giapponese Nobuyoshi Araki, che lavora sui temi dell'erotismo e dei corpi femminili)









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