domenica 18 ottobre 2015

Sono socievole fino all'eccesso di Ugo Cornia

Ugo Cornia, Sono socievole fino all'eccesso, Marcos y Marcos, 2015
Due premesse. Uno: non conosco il pensiero di Montaigne se non per qualche vago ricordo del liceo; due: mi interessa molto tutto quello che pubblica Ugo Cornia, scrittore modenese dall'umorismo sottile e irresistibile.
La nuova collana di Marcos y Marcos (Il mondo è pieno di gente strana), nasce con l'idea di pubblicare biografie di personaggi famosi scritte da autori che normalmente non scrivono biografie. Ugo Cornia ha scelto di raccontarci la vita di Montaigne, attraverso le riflessioni del filosofo su quanto sperimenta, subisce, cerca: la stuttura del testo è basata dunque sui temi cari al pensatore attraverso i quali ci vengono aperti squarci sulla sua esistenza. Che è poi il procedimento contrario e corrispondente di quello che è accaduto nella realtà: Montaigne era un filosofo concreto, curioso della vita e delle storie che ascoltava e le sue riflessioni nascevano spesso come sforzi per trovare un senso al vissuto. Non era facile, in un mondo in cui ci si sgozzava tra vicini di casa per questioni religiose e politiche e in cui la morte era sempre vicina, vicinissima: per malattia, incidente, omicidio. Ed è proprio alla morte che Montaigne dedica moltissime riflessioni: e ci vuole tutta una vita per prepararsi a farlo in modo dignitoso. Tra cure termali, processi per furto d'identità, incontri con i primi nativi americani in visita in Europa Cornia ci regala un ritratto umanissimo di un personaggio che per molti di noi avrebbe potuto rimanere un ritratto sbiadito sulla pagina di un manuale.
Il mondo è pieno di gente strana: Ugo Cornia, ad esempio, oppure Montaigne. Per fortuna, direi.

Via dalla pazza folla di Thomas Hardy


Una scrittura dettagliatissima nelle descrizioni della natura (la pioggia, la brina, il temporale, il vento tra gli alberi, le pecore, le pecore, le pecore) che mi fa pensare ancora una volta che qualcosa abbiamo perduto nell'epoca della riproducibilità delle immagini: la capacità di vedere e quindi di trovar parole per raccontare in modo così preciso avvenimenti quotidiani. La tosatura delle pecore, una notte in collina a percepire lo spostarsi delle stelle verso oriente, il percorso delle gocce lungo i ramoscelli, i rumori di un bosco sono i coprotagonista del romanzo, cornice ed essenza della giovane e bella Bathsheba, eroina modernissima (oggi più di trent'anni fa) che riflettendo sul matrimonio si dichiara ben disposta, se non comprendesse l'obbligo di avere un marito. Romanzo sull'educazione sentimentale di una ragazza indipendente e volitiva, dolce e sincera ma anche sciocca e capricciosa:
 giovane, insomma, e umana; una che sbaglia e che paga carissimi gli errori. Perché nel mondo di Hardy, i sentimenti sono armi pericolosissime: non fanno solo soffrire, portano alla pazzia, alla malattia, alla morte. La visione tragica dell'autore qui non è ancora totale e la figura del fittavolo Oak è completamente positiva: uomo capace, dai sentimenti profondi, giusto e paziente ma mai disposto ad essere servile, è l'angelo custode di Bathsheba tra la pazza folla che la circonda e da cui è coinvolta.
Menzione speciale alla scena in cui Bathsheba nella notte si trova sola in casa con il cadavere della rivale e decide di perlustrare l'improvvisato carro funebre alla ricerca di un eventuale bambino: siamo alle soglie dell'oscurità di Jude.





sabato 10 ottobre 2015

Anna di Nicolò Ammaniti

“Sulla sopraccoperta rossa e blu c'era uno scheletro con le braccia incrociate. Tutte le duecentosei ossa che lo formavano, dalle falangi dei piedi al cranio, erano decorate da sottilissimi disegni geometrici eseguiti con un pennarello nero. Sulla fronte e sugli zigomi erano disposti anelli e orecchini, e sulle orbite dei nidi di passero con le uova coperte di macchioline. Le vertebre del collo e le costole erano avvolte da fili di perle e catenine d'oro, da collane di ametista e pietre colorate. Accanto ai piedi, acciambellato, c'era lo scheletro di un gatto”.
Non è un capolavoro ma un buon libro per ragazzi e una favola per tutti, l'ultimo romanzo di Ammaniti, leggero e giocoso al di là dello scenario corrotto: un mondo in completa rovina, nel quale gli adulti sono morti a causa di un virus che uccide tutti appena superano la soglia che dall'infanzia porta alle fasi successive della vita.
Anna è una ragazzina rimasta sola con il fratellino Astor nella campagna palermitana: in camera tengono lo scheletro della mamma, ornato di collane e pietre preziose come reliquia con funzione protettiva; vicino si trova il quaderno delle Cose Importanti che la donna ha scritto nei mesi della malattia; una guida per le insidie della vita, a cominciare dalla morte. Non c'è tempo per giri di parole e così le indicazioni della mamma sono frasi concise dalla terminologia chiara.
“ Il virus si risveglierà solo quando diventerete grandi. Anna tu diventerai grande quando avrai del sangue scuro che ti esce dalla topina. Astor tu diventerai grande quando dal pisello duro ti uscirà lo sperma, un liquido bianco”.
Come in ogni fiaba che si rispetti l'equilibrio iniziale viene rotto: al ritorno da una delle perlustrazioni alla ricerca di cibo Anna non trova più il fratellino e deve partire per ritrovarlo.
Il cammino di Anna dal podere del Gelso all'Hotel, poi fino a Palermo e infine in direzione della Calabria (terra del possibile, dove qualche adulto sopravvissuto potrebbe aver trovato un vaccino) è il classico cammino nel bosco, pieno di insidie e mostri pericolosi: cani selvatici, i bambini blu, la Picciridduna, pozioni magiche. Ogni prova dovrà essere superata ed Anna, testarda e coraggiosa, affronta ogni cosa come una sfida. Sempre con la speranza a tenerla indirizzata, pur sapendo che niente è garantito.

domenica 4 ottobre 2015

L'ultimo degli uomini di Margaret Atwood


Uomo delle Nevi si sveglia prima dell'alba. Giace immobile, ascoltando la marea che sale e onda dopo onda lambisce le varie barriere, cic-ciac, cic-ciac, il ritmo del battito cardiaco. Vorrebbe tanto credere di essere ancora addormentato.



Uomo delle Nevi, fino a poco tempo prima, si chiamava Jimmy ed era un abitante dei Recinti, le zone della Terra create dalle multinazionali per garantire la salute e la sicurezza dei loro dipendenti su un pianeta arrivato sull'orlo del collasso. I cambiamenti climatici (l'aumento delle temperature associato a temporali sempre più devastanti) ha drasticamente ridotto le risorse alimentari a disposizione per una popolazione in continuo aumento. La povertà ha determinato un aumento della violenza e il turismo sessuale è una delle pratiche oramai diffuse senza controllo.
Nei recinti si vive una vita più tranquilla, anche se non tutti accettano l' auto reclusione: la madre di Jimmy, ad esempio, è sempre più depressa e sospettosa rispetto al lavoro degli scienziati del recinto, che si occupano di manipolazione genetica per fornire nuovi organismi di cui cibarsi e allo stesso tempo producono qualunque tipo di pillola in grado di migliorare la tonicità della pelle, l'umore o il risultato di un concepimento.
Ma questo accadeva prima: ora Jimmy è diventato Uomo delle Nevi e si trova solo a cercare di sopravvivere in un pianeta devastato: vicino a lui vivono i Craker, tribù di uomini e donne giovani, perfetti e adatti alla nuova situazione ambientale: esseri semplici, progettati per essere felici, al sicuro da fantasie, paure, desideri. In un qualche modo Jimmy aveva promesso di prendersi cura di loro e adesso quella promessa, per quanto ridicola, lo tiene legato a quegli esseri dalle corpi colorati.
In un alternanza di descrizioni del presente e flash-back, la storia ci viene narrata dal punto di vista di Jimmy: il dolore per la scomparsa della madre, l'amicizia con il geniale Craker, l'amore per Oryx.

Margaret Atwood, scrittrice canadese classe 1939, ha dedicato la sua vita alla scrittura e all'impegno politico e sociale, interessandosi in particolare ai temi della sostenibilità della presenza della razza umana sulla terra, alle tematiche femministe e alle problematiche legate ai rapporti di potere in ambito sessuale. Il romanzo, in modo evidente, tratteggia un possibile futuro catastrofico partendo dai problemi più evidenti dell'oggi.

Come ogni romanzo “a tesi”, risulta abbastanza prevedibile e manca in parte di un elemento essenziale per le narrazioni fantastiche: la capacità di aprire scenari davvero inediti e di offrire al nostro sguardo mondi mai immaginati. Ma non era questo l'intento dell'autrice, che riesce comunque a regalarci passaggi interessanti nei momenti più statici della narrazione: il dialogo farneticante che Uomo delle Nevi intesse in solitudine, con evidenti richiami a Robinson Crusoe e a tutti i suoi successori, sono intense, poetiche e intelligenti.