sabato 21 gennaio 2017

Come le vene vivono del sangue di Gaia De Pascale

'Tuttavia qualcosa, in me, non ha mai smesso di essere in procinto di cedere, come se una crepa fosse sempre sul punto di aprirsi per i movimenti tellurici della mia anima. Ma era la troppa vita, quella che forzava le pareti, fino a venare la crosta esterna nella quale tutti, intorno a me, hanno sempre cercato di stringermi'.

Il romanzo biografico di Gaia De Pascale racconta con partecipata attenzione la vita della poetessa e fotografa Antonia Pozzi, suicidatasi a soli ventisei anni. La voce narrante è quella di Antonia, in un lungo percorso di recupero della propria storia, durante il tempo dilatato che trascorre sul limite tra la vita e la morte, quella lunga attesa dell'angelo della poesia di Silvia Plath posta in apertura del testo (la stessa tecnica era già stata utilizzata, tra gli altri, da Melania Mazzucco nella suo romanzo dedicato al Tintoretto e intitolato appunto 'La lunga attesa dell'angelo').
Per trovare la voce di Antonia, Gaia De Pascale ha studiato le poesie, le lettere, tutto il materiale biografico disponibile e le testimonianze di chi l'aveva conosciuta; il linguaggio che è nato da questo incontro tra due donne lontane è una prosa scorrevole, in equilibrio tra poesia e narrazione veloce: ci permette di conoscere Antonia bambina, la casa di Milano e quella di Pasturo, in una conca verdeggiante circondata dalle montagne, dove Antonia visse i suoi momenti più felici, più fisici: le corse di bambina si trasformano nelle arrampicate da ragazza, spesso accompagnata dall'amico Tullio, che condivideva con lei la passione per la poesia e quella per le montagne.

'Parlavamo di letteratura, e di amore, e di come l'unica sacralità sia quella che emerge dalle stonature, da un incepparsi dello spirito, dall'urto di un'anima contro un'altra anima, o di un'anima contro le cose. In una parola: della poesia'

La vita a Milano è dedicata allo studio e alla scrittura - anche l'amore, quando lo incontra, si sovrappone e si mescola alla passione intellettuale, un amore che non riuscirà ad essere 'fecondo' e che le lascerà una ferita profonda: lui è Antonio Maria Cervi, suo professore di letteratura, uomo votato alla rinuncia e alla dedizione alla cultura. La giovane Antonia forse coglie la 'stonatura', la crepa di una anima storpia che fa della cultura la propria stampella: se ne innamora, ma l'incontro non li aiuterà.

'....ognuno ha il proprio lume per andare incontro alla notte - e non gli è dato condividerlo con altri'

Eppure Antonia è giovane, gli studi la appassionano, ha buone amiche, frequenta menti vivaci e interessanti - Vittorio Sereni, tra gli altri. Nonostante il clima dell'Europa si faccia sempre più cupo Antonia si avvicina a chi si oppone, si invaghisce dell'azione ribelle, partecipa alle sofferenze degli amici ebrei costretti a fuggire dall'Italia. Ma tutta questa vita non basta ad allontanarla da quel richiamo verso l'abisso che sembra accompagnarla, sotto traccia, per farsi più forte nei momenti difficili.

Di fronte all'infelicità di una ragazza benestante, dotata, brillante e vivace è davvero difficile capire che cosa non abbia funzionato, cosa l'abbia portata a 'cedere', ad abbandonarsi all'abbraccio mortale di quella terra coperta di neve che l'aveva chiamata a sé già in altre occasioni. Gaia De Pascale si mantiene a distanza dalla tentazione di cercare spiegazioni. Lascia che siano le parole di Antonia Pozzi - la sua tensione verso le altezze, i cieli più azzurri, i paesaggi solitari e imbiancati, le sue descrizione di sé stessa come un contenitore sul punto di rompersi per troppa vita, per troppa costrizione di un'anima che vorrebbe espandersi all'infinito - a tracciare una mappa della sofferenza che l'ha portata a rinunciare.

Il mistero rimane, e rimangono le sue poesie: un'occasione per conoscerle meglio.

'Ho scelto il punto che mi pareva più immacolato, e ho fatto quello che dovevo fare, senza paura o ripensamenti. Ho guardato ancora una volta in alto, verso quel biancore senza fine, e poi in basso, con una forza tale come se fosse possibile, per i miei occhi, mettere a fuoco l'abisso'.


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