lunedì 2 gennaio 2017

Memoriale sul caso Schumann di Filippo Tuena

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'Basta astenersi dal fare del male per essere a posto con la propria coscienza? Eh, che mi dici? Mi basterà, poi?'

Le vicende dell'Italia tra l'armistizio dell'8 settembre 1943 e la fine della guerra nel 1945 sono parte fondamentale della narrazione della nostra identità. Sono storie potenti e tragiche, che si avvicinano alla mitologia se non fosse che il sangue scorre ancora troppo vicino e avvertiamo i battiti dei cuori, i fiati dei personaggi. Tra le infinite storie di quel periodo, Filippo Tuena decise, nel momento in cui lasciava Roma per trasferirsi a Milano, di raccontare quello che accade nei giorni in cui Roma divenne Città aperta. Mescola invenzione e documenti, facendo incontrare la vita quotidiana di una famiglia benestante con l'elenco minuzioso dei terribili eventi di quei giorni: attentati, sparatorie, rastrellamenti, rappresaglie. Sceglie un ambiente che conosce, costruito sull'amore per la bellezza e ne racconta le angosce, il tentativo di sopravvivere, la sensazione di non aver fatto abbastanza, mentre intorno l'inferno si scatena: sono i giorni della deportazione degli ebrei di Roma, narrati in modo cristallino da Debenedetti nel suo 16 ottobre 1943 (leggetelo, tra parentesi); delle torture per i sospettati di attività sovversiva; i giorni dell'attentato di via Rastella e del massacro delle Fosse Ardeatine. Nel finale Tuena trova la sua voce più autentica, mi sembra: quella che dà parola e sostanza ai morti, ai fantasmi, alla follia. Sono ombre che ci accompagnano benevolmente in questo caso, che ci stanno accanto come luci ad indicare un cammino, a ricordare che loro siamo noi e che ci saranno sempre. Quei morti-per sempre liberi, che risorgono dalle fosse comuni ci raccontano la loro storia per ricordarci da dove veniamo. Con l'amarezza di un dubbio: che il meglio di una generazione sia stato cancellato dalla furia della guerra e che questo ci abbia rubato anche il futuro.

Dopo aver letto di fantasmi nel Memoriale del caso Schumann ho deciso di restare dentro alla questione ancora un po' leggendo Tutti i sognatori: d'altra parte un anno iniziato sotto il segno di Stephen King non poteva che condurmi qui, ad ascoltare le voci dei morti. Questi sognatori, come la cantante nera di Mucchio d'ossa, ci parlano ancora: le violenze che hanno subito chiedono per sempre di abitarci e diventare parte di noi

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