Il narratore conosce Jacques Austerlitz, un professore di storia dell’architettura, in particolare studioso di edifici militari, stazioni ferroviarie, È un uomo coltissimo, alto e magro, che ricorda Wittgenstein, anche per lo zaino che costantemente porta in spalla. Vive a Londra in un appartamento spoglio come una cella, privo di affetti e povero di amicizie. Dietro le sue dettagliate conoscenze si nasconde il vuoto: Jacques non sa chi siano i suoi genitori, da dove sia arrivato, perché sia stato cresciuto in Inghilterra da una famiglia adottiva. Sarà un percorso dolorosissimo quello che dovrà affrontare, che lo porterà a Praga e al campo di concentramento di Theresienstadte alla scoperta della deportazione della madre e della fuga del padre. Solo a quel punto attraverserà la Germania, per ripetere per la seconda volta quel viaggio che lo portò in salvo oltre la Manica, ma lo privò di genitori pieni di amore e di vita, di passione e di cultura.
Un romanzo dedicato alla rimozione del passato di uno scrittore nato in Germania porta inevitabilmente a pensare al 'passato che non passa'; e al fatto che Sebald abbia lasciato la sua patria per vivere in Inghilterra. I fantasmi collettivi, quelli dei popoli, si agitano sotto la superficie: non volerli vedere, racconta Sebald, produce danni irreparabili e una profondissima angoscia. Un tema centrale, anche per quello che è l'Europa oggi, mai abbastanza portato alla luce.
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