lunedì 2 gennaio 2017

Austerlitz di W.G. Sebald

Austerliz è il 'racconto' di una rimozione e dei suoi effetti devastanti; è il racconto della ricerca di ciò che era stato rimosso; è una spirale che gira intorno al vuoto cercando ed evitando di vedere; è una narrazione sulle costruzioni umane che tentano di chiudere, difendere, imprigionare, curare, organizzare ed anche sterminare; è una riflessione sul vedere tanto e non vedere quello che serve; è la storia di una follia; è il racconto dell'orrore del secolo breve, dall'imperialismo alle dittature; ed è un romanzo sulla memoria, sul tempo, sullo spazio, sugli spostamenti. È davvero tante cose, Austerliz di Sebald e non si trovano tutte ad una prima lettura. La scrittura è complessa, le frasi elaborate, la densità costringe a procedere con lentezza, procedendo e ritornando. Una massa di dati, immagini, visioni, descrizioni che sembrano a volte deviazioni artificiose ma che alla fine ti riportano continuamente all'angoscia di una mente che si muove alla ricerca 'del tempo perduto': La memoria involontaria di Proust è evocata in più punti: la sera del suo incontro con la testimone del suo passato Jacques racconta del suo addormentarsi, come si addormentava da bambino, ascoltando gli stessi rumori.

Il narratore conosce Jacques Austerlitz, un professore di storia dell’architettura, in particolare studioso di edifici militari, stazioni ferroviarie, È un uomo coltissimo, alto e magro, che ricorda Wittgenstein, anche per lo zaino che costantemente porta in spalla. Vive a Londra in un appartamento spoglio come una cella, privo di affetti e povero di amicizie. Dietro le sue dettagliate conoscenze si nasconde il vuoto: Jacques non sa chi siano i suoi genitori, da dove sia arrivato, perché sia stato cresciuto in Inghilterra da una famiglia adottiva. Sarà un percorso dolorosissimo quello che dovrà affrontare, che lo porterà a Praga e al campo  di concentramento di Theresienstadte alla scoperta della deportazione della madre e della fuga del padre. Solo a quel punto attraverserà la Germania, per ripetere per la seconda volta quel viaggio che lo portò in salvo oltre la Manica, ma  lo privò di genitori pieni di amore e di vita, di passione e di cultura.

Un romanzo  dedicato alla  rimozione del passato di uno scrittore nato in Germania porta inevitabilmente a pensare al 'passato che non passa'; e al fatto che Sebald abbia lasciato la sua patria per vivere in Inghilterra. I fantasmi collettivi, quelli dei popoli, si agitano sotto la superficie: non volerli vedere, racconta Sebald, produce danni irreparabili e una profondissima angoscia. Un tema centrale, anche per quello che è l'Europa oggi, mai abbastanza portato alla luce.

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