martedì 12 marzo 2013

I treni di Kees Popinga

Ho riletto L'uomo che guardava passare i treni, dopo molti anni. Non ricordavo assolutamente nulla - e mi sono chiesta ancora una volta perché leggo, se non per una compulsiva spinta alla fuga. In un qualche modo, comunque, qualcosa si muove al di là del mio controllo. Ho scelto di rileggere la storia di Kees Popinga senza motivo, o almeno senza rendermi conto di averne. Adesso rifletto: leggo di un uomo in fuga proprio nei giorni in cui mi interrogo sul mio uso della lettura come evasione. E leggo di Popinga in giorni in cui le serata davanti alla stufa, con maman che ritaglia le figurine ed i figli che fanno i compiti li sento vivi e reali intorno a me nella loro opprimente e calorosa presenza. La fatica quotidiana di essere persone "a posto", comperare qualche bell'oggetto come simbolo del nostro essere in una buona posizione: poche cose, ma buone. La voglia di tagliare tutti gli ormeggi ed andare alla deriva, per scoprire se si è ancora vivi.
Ma il povero Popinga, nella sua lucida follia, non si rende conto di essere davvero in uno stato di shock e di diventare davvero paranoico. E' convinto di aver trovato, in qualche modo, la sua vera natura. Crede di essere sempre stato qualcosa di diverso dal personaggio che aveva perfettamente rappresentato. In questo lo sentiamo vicino, nella difficoltà di rimanere a casa, la sera, mentre ci sono treni che passano nella notte.