mercoledì 31 agosto 2016

Lampedusa di Maylis de Kerangal



' Dormono tutti. Fumerei volentieri una sigaretta. La radio dipana a basso volume un filo sonoro che mormora nello spazio, gira e ruota su se stesso come il nastro di un ginnasta. Non reagisco subito a quella voce che, in apertura del giornale radio dopo i dodici rintocchi della mezzanotte, farfuglia in tono di circostanza la sinistra tragedia di questa mattina, percepisco solo un'accelerazione, qualcosa precipita, qualcosa di febbrile. Poi il nome si deposita: Lampedusa'

Breve testo commissionato all'autrice, così come A Calais di Carrère: iniziative francesi a mio parere meritevoli, se aiutano a trovare le parole per il nostro presente. Le rotte dei migranti verso le nostre coste è ovviamente un tema centrale dei nostri tempi, condiziona e determina scelte importanti (lo abbiamo visto appena ieri con i risultati del referendum nel Regno Unito), ed intorno ad esso si muovono pensieri, discorsi, interessi onesti o indecenti: c'è poco da fare, i flussi migratori sono una cosa potente, sono legati ad interessi economici e nello stesso tempo hanno un forte impatto emotivo, evocano spettri (i barbari! il crollo dell'impero romano!), suscitano sdegno, dolore e rabbia e paura; il punto di vista che prevale, è ovviamente il nostro (quelli che stanno a casa loro, nel loro piccolo, piccolissimo o enorme privilegio). Ogni voce che racconta quello che accade, cercando un discorso profondo, è indispensabile, a mio parere: non vorremo essere in futuro quelli che non sapevano, dove andassero quei treni.
Maylis de Kerangal è una bravissima scrittrice (Riparare i viventi è un romanzo davvero bello, e approfitto per consigliarlo ancora una volta): costruisce un percorso narrativo sulla notte del 3 ottobre 2013, quando a due km da Lampedusa affondò il barcone sul quale era scoppiato un incendio, causando la morte di almeno 300 persone. È la notte di Costantino Baratti, di cui ci ha parlato anche in questi giorni Loredana Lipperini.
Una donna, nel silenzio della notte, sola in cucina, apprende dalla radio quello che è accaduto e la sua mente parte per un viaggio intorno all'isola di Lampedusa, a quello che evoca quel nome per lei, donna francese, colta, innamorata dei toponimi e del rapporto tra i nomi e il mondo. A partire da quel Tomasi di Lampedusa, reso cinema da Visconti, che un secolo fa raccontò il 'naufragio' di un mondo, Maylis de Kerandal alla fine della notte, dopo aver evocato il principe di Salina, Le vie dei canti di Chatwin, i viaggi a Stroboli, tutto ciò che l'idea di isola  porta con sé, deve concludere che qualcosa è cambiato, per sempre e quel nome di leggenda e di cinema (oh, il ballo di Tancredi ed Angelica!) avrà per sempre un'eco diversa.

'... ma quella mattina, la mattina del 3 ottobre 2013, (quel nome) si è rivoltato come un guanto, Lampedusa concentra ora in sé solo la vergogna e la ribellione, il dolore, segnala ormai uno stato del mondo, tutta un'altra storia'.

È tutto questo, ancora una volta, riguarda noi che guardiamo da riva, piedi a terra e vestiti asciutti: per tutte quelle persone, quelle donne e ragazzi e uomini e bambine e bambini e neonati e madri, padri, sorelle, zie, fratelli, amici, il nome Lampedusa significa rinascita, approdo, salvezza, finalmente, e adesso?, infine, la fine, il silenzio, la croce senza nome, il nome finalmente trovato da qualche anima caparbia e pietosa, il nome e una foto accanto alla croce, per sempre, e così non sia.

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