
La realtà ha una fantasia infinita; quando uno scrittore sa raccontare vicende storiche illuminando i documenti del calore che nasce dal leggere l'animo degli attori del dramma ci permette davvero di viaggiare nel tempo. Sono personaggi indimenticabili: Cristiano il folle, Struensee il taciturno, Caroline che crea se stessa attraverso l'amore; ma
anche la prostituta Caterine-Polacchina, la regina madre, il paziente precettore Reverdil e infine Guldberg, l'uomo che nessuno nota e che lavora nell'ombra. Tutti prigionieri del loro ruolo, tutti più o meno sul confine tra finzione e follia, tutti Amleto nel suo castello: il Grande Gioco del potere è difficilissimo ed ignorarlo porta alla morte. Dolorosissimo il destino di tutti loro, come fossero tutti parte di quel fiume di gente, del popolo, che si muove spinto da impulsi incontrollati, fiutando l'aria ma senza saperla interpretare: il popolo, per il quale Struensee lavorava alla sua scrivania, sarà il primo a decretarne la fine; ma la folla, senza capirlo, si farà silenziosa quando la fine arriva; un'intuizione, espressa solo con il silenzio, di qualcosa che doveva accadere ma che fa male, un dolore profondo.
Il potere, la forza liberatoria dell'amore profondo, la responsabilità ed il suo peso, la libertà, la storia ed i suoi movimenti ingovernabili, le donne e la loro difficile emancipazione: c'è tutto, in questo romanzo.
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