mercoledì 31 agosto 2016

A Calais di Emmanuel Carrère

À Calais è un breve reportage commissionato dal trimestrale XXI per la primavera di quest'anno. Carrère ha scelto di raccontare il luogo ed i suoi abitanti senza addentrarsi nella Giungla, un 'incubo di miseria e di insalubrità, in cui succedono cose terribili'. Ha deciso di rivolgere lo sguardo alla città e ai suoi abitanti, che dicono 'non ne possiamo più di parlare solo di questo, per favore non ne parliamo' con la stanchezza si chi convive da anni con un malato cronico e vorrebbe per un attimo distrarsi, vedere se stesso e la propria vita come 'altro' da quel dolore, da quel problema, da quel legame che uccide, ma che poi mentre parla d'altro continua ad ascoltare i rumori che provengono dalla stanza di là, in allarme e in apprensione, così che il malato è sempre presente, anche quando non lo si nomina: perché siamo legati a doppio filo, noi e lui, e la nostra vita è compenetrata dalla sua. Così gli abitanti di Calais, anche quando vorrebbero parlare di altro, non riescono a farlo: ogni cosa che li circonda è legata alla Giungla, il rumore degli elicotteri ha sostituito quello delle macchine dei merletti, le discussioni pro e contro migranti sono diventate il centro di ogni discorso.
' Pro migranti nel vero senso della parola non ce ne sono, dato che nessuno è favorevole ad avere alle porte di una città di settantamila abitanti una popolazione di settemila disgraziati ridotti allo stremo, che dormono in tende di fortuna, nel fango, al freddo' è che passano le giornate te tanto di eludere la sorveglianza per salire su un camion e provare la sorte: difficilissimo passare l'Eurotunnel, i controlli sono oramai sofisticati e includono rilevatori del battito cardiaco: in un reportage televisivo hanno raccontato di quelli che prendono medicinali e si infilano nei freezer, consapevoli dell'altissima probabilità di morire.
Le risorse richieste per il contenimento della Giungla sono altissime, includono reparti speciali e controlli capillari, pagati dai francesi secondo l'accordo con il Regno Unito, che ci ha messo il denaro per i muri.
Poche pagine per un veloce sguardo a Calais e alle nostre frontiere, tenendo a mente il graffito di Bansky che rappresenta Steve Jobs, un versetto della Bibbia che ricorda di accogliere lo straniero e la diffidenza verso questo genere di operazioni: ma cosa vuoi, avvoltoio? Te ne vieni qui per quindici giorni e pensi di aver capito qualcosa, di come si vive?

Aggiunge forse poco a quel poco che sappiamo, ma è comunque importante come ogni discorso che tenta di rappresentare e rendere visibile il cuore di tenebra che abita negli interstizi del nostro mondo e che, insieme ai migranti del mare, accompagna ogni nostro giorno di europei, anche quando non ne parliamo: da qualche parte, dentro di noi, lo sappiamo; e parlarne, almeno, è un primo passo.

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