mercoledì 31 agosto 2016

La triomphante di Teresa Cremisi

Si respira, leggendo La Triomphante: l'odore del mare, la libertà dai recinti, il trionfo e l'abbandono; una bella lettura per tempi di sguardi a terra e porte chiuse a doppia mandata.

' Ho un'immaginazione portuale.
Sono tante le cose che mi fanno battere il cuore -foto ingiallite, poesie, canzoni, scene di film- è quasi tutte mostrano o raccontano di banchine, navi, dock, balle di cotone, container, gru, uccelli marini'

Si apre così l' autobiografia romanzata di Teresa Cremisi, primo romanzo della donna che ha guidato la maison Gallimard e le edizioni Flammarion, nume tutelare di Michel Houellebecq e Yasmina Khadra.
Il porto, luogo di apertura verso il mare e l'altrove e al tempo stesso rifugio per chi si trova in balia di onde e tempeste, è dichiaratamente una prima chiave di lettura per raccontare una vita dalle mille radici, sempre proiettata in avanti, verso l'avventura successiva, sempre aperta al possibile, agli orizzonti sconfinati, ai territori internazionali del mare, dove il concetto di patria è fluttuante; a cominciare dal porto 'sepolto' di inesauribile segreti, Alessandria d'Egitto, punto cardine della Storia dove la  protagonista viene alla luce, da un padre di passaporto italiano e origine ebraiche, commerciante ateo che parla francese, italiano, inglese ed arabo e da una madre scultrice, che parla francese, greco e italiano, dal passaporto inglese e con una grande resistenza nella guida dei fuoristrada. Una vita da ricchi privilegiati, una totale noncuranza per qualsiasi idea di patria, identità, religione; il francese come lingua più usata, come patria immaginaria. Nel 1956, la crisi politica, la nazionalizzazione del canale di Suez, la fuga in Europa, a Roma e poi a Milano.
I genitori, capaci di vivere nelle capanne del Delta del Nilo o di imbarcarsi per vacanze di mesi verso Antibes, si perdono nella città produttiva ed efficiente e vanno alla deriva nel letto del loro appartamento, davanti alla tv: la madre cade in una lunga depressione e la giovane protagonista cerca un lavoro nel mondo dell'editoria. Davvero toccante il racconto delle difficoltà ad adattarsi ad un nuovo mondo, parole che fanno riflettere su quanto possa essere faticoso il processo di ridefinizione che comporta ogni sradicamento.
' Come vuole una regola infallibile, la più valida risultò essere anche la più fragile. Mia madre, che sarebbe stata capace di guidare una jeep tra le montagne dell'Afghanistan, non era in grado di fare la spesa'.
Per la protagonista inizia una vita di impegno e di affermazione, di successi e di fatiche, una nuova vita dove la protagonista si trova bene, al contrario dei genitori: anche se deve rinascere, attraverso una nuova lingua.
' Lo stravolgimento era totale. Stavo cambiando lingua e questo comportava una rivoluzione interiore. Ci sono interi trattati di neuropsichiatria al riguardo. La nostra stessa voce suona diversa, diciamo cose che non avremmo detto, pensiamo in modo un po' diverso, non reagiamo alla stessa maniera. La lingua che usiamo condiziona il nostro corpo e i nostri sogni. Un'altra cultura si fa strada in noi attraverso canali insospettabili, improvvisamente il mistero di una canzone, di una battuta diventa accessibile, capiamo i sottintesi, possiamo scherzare. Quando parliamo per tutto il giorno una nuova lingua può accadere che la nostra vita prenda un'altra direzione e che il nostro carattere si modifichi'.
La lingua che in seguito sceglierà come propria sarà il francese parlato dai genitori: ricordando Canetti, che decise per il tedesco, Teresa Cremisi torna a toccare il tema dell'identità e della patria non come dato di natura, ma come scelta, almeno in parte.
Bellissima anche la parte finale del romanzo (a questo punto davvero romanzo, direi, che si proietta in un futuro forse sognato e desiderato dall'autrice): conclusa la sua parabola lavorativa la protagonista si ritira ad Atrani, dove vive sul mare e nel mare, nuotando, contemplando e dedicandosi alla sua grande passione spesso tenuta segreta: le navi, le battaglie sul mare, i dipinti che le hanno fermate nel tempo: La Triomphante, una corvetta del XIX secolo, la affascina particolarmente.
' In fin dei conti è stato quel nome a sedurmi...avrei desiderato più di tutto imbarcarmi su una nave francese che mi garantisse futuri trionfi. Per quanto potesse essere furibondo il mare, angosciosa la solitudine, irti di pericolo i porti, deludenti i ritorni a Chebourg, nulla di tutto questo avrebbe avuto importanza, dal momento che il trionfo era scritto'.

La vitalità, il trionfo, l'affermazione: una seconda linea di lettura, altrettanto interessante; così come gli autori che accompagnano la protagonista nel suo viaggio fino al porto di Atrani: da Lawrence d'Arabia a Stendhal, da Conrad a Proust; fino a Kavafis, che chiude il cerchio del tempo e dei luoghi.

' Mezzanotte e mezza. Come è passata l'ora.
Mezzanotte e mezza. Come sono passati gli anni'

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