Tengo il
libro in una scatola di legno intarsiato, dalla chiusura complicata.
La apro solo ogni tanto, quando ho bisogno di farmi un regalo. Di
regalarmi pietre preziose. Soprattutto nei giorni in cui mi sembra di
scivolare nel disordine - quello infecondo della sciatteria - sento
il bisogno di vestirmi, per un attimo, da regina e di adornarmi il
capo e le dita di rubini e diamanti. Perchè questo sono per me le
parole di Colette. Dure e colorate e preziose, adatte a guarire nei
momenti di scoraggiamento. Parole per i tempi della disperazione.
Pochi libri, ho trovato finora, da poter collocare in uno scrigno, da
tenere sul comodino o nel cassetto: i miei libri sacri.
Il mio
noviziato è uno di questi. E' un libro difficile, ma ha la durata
del diamante. Ancora mi incanto nel leggere dei mesi che Colette ha
passato, in completa solitudine, nella tenuta dei Monts-Boucons. Il
marito arrivava per brevi visite, appena il tempo per risvegliare
nella donna "la vecchia e normale chimera di vivere in coppia,
in campagna...", ma alle sue partenze seguivano lunghi periodi
in cui Colette diventava "migliore, cioè capace di vivere di me
stessa, e puntuale come se avessi già saputo che la regola guarisce
tutto". Buttata all'aria come un petalo di rosa, la frase ha ben
altra consistenza: ma questa è Colette, che ha inciso nel sangue il
cammino che l'ha fatta donna, e non ha bisogno di annunciarlo con
squilli di tromba. E allora la seguo, imparo con lei la solitudine e
la pazienza, guardo le rose cariche di pioggia, le foglie rosse dei
ciliegi a novembre, la biscia e le galline feroci, i cani e i gatti
che seguono il nostro camminare. Lo faccio in silenzio, perchè è
l'ora della solitudine e dello studio. Imparo con lei. "Vivere
senza felicità e non deperirne: ecco un'occupazione, quasi una
professione". Non mi lascio spaventare quando mi pare di
procedere lentamente. A volte è necessario. E inoltre, "è bene
non badare a dieci anni della propria vita...purchè quei dieci anni
siano prelevati dalla prima giovinezza".
E allora la
prendo con calma, e mi regalo un'ultima immagine, a darmi coraggio.
Nella prima parte del libro, vado a cercare Madame Otero e la sua
fame imperiosa, che svuota il piatto quattro o cinque volte. E dopo
il caffè, nacchere alla mano, ballo con lei, per ore , ore, ore...
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