martedì 19 giugno 2012

Cees Nooteboom, Rituali



Il giorno che Inni Wintrop cercò di suicidarsi, le azioni della Philips erano a 149,60. E' lo sconcertante inizio di un libro ricchissimo di riflessioni, personaggi e situazioni: Rituali, dell'olandese Cees Noteboom, pubblicato ad Amsterdam nel 1980 e ora tradotto in italiano da Fulvio Ferrari per l'Iperborea, racconta le strane vicende di Inni Wintrop, così battezzato dai genitori in onore dell'architetto inglese Inigo.



Definire il protagonista e il suo rapporto con il mondo significa già addentrarsi nella complessità del testo: Inni sfugge ad ogni definizione e nel cercare di raccontare se stesso e gli altri si scontra continuamente con la rigidità delle parole. Di lui sappiamo subito che ha tentato il suicidio e che la moglie lo ha lasciato, eventi considerati cruciali da qualsiasi biografo. Ma appena altri particolari ci vengono forniti il quadro perde la sua definizione: le quotazioni della Borsa ci vengono immediatamente riportate attraverso una costruzione sintattica che le porta sullo stesso piano del tentato suicidio del protagonista e di lui poche righe dopo si dice che si distingueva da molti della sua generazione perchè non riusciva a passare bene le notti da solo, possedeva un po' di denaro e aveva a volte delle visioni. Inoltre commerciava, all'occasione, in quadri, scriveva l'oroscopo per "Her Parool", sapeva a memoria una gran quantità di poesie neerlandesi e seguiva con estrema attenzione la borsa e le quotazioni commerciali. Inoltre aveva riservato a se stesso, nel mondo, il ruolo di dilettante. Questa definizione ci porta già nel cuore del libro, che racconta della confusione della vita e dei tentativi di renderla ordinata, attraverso parole o attraverso riti di diverso tipo. Da una parte abbiamo il continuo scontrarsi di Inni con la fissità delle parole e quindi con la razionalizzazione delle esperienze. di fronte alla domanda, riferita al padre morto, "Che cosa ti ricordi di lui?" Inni è travolto da una tale moltitudine di immagini ed eventi che, nell'impossibilità di tradurli in discorso coerente l'unica risposta possibile risulta un laconico: non molto. Lo stesso avviene di fronte ad una domanda in apparenza meno personale: "Sai qualcosa dell'esistenzialismo?". Le serate di dibattito, Juliette Gréco, scantinati e candele, maglioni neri, Gaulois e disperazione, la nausea e l'essere gettato vengono tradotti da Inni nella stessa risposta: non molto.
I rituali di cui si parla nel libro sono dunque i tentativi di trovare un ordine e un senso proprio all'esistenziale essere gettati nel mondo, e non sono praticati da Inni ma da Arnold e Philip Taads, padre e figlio che senza essere mai conosciuti si trovano a far parte in periodi diversi della vita di Inni. E' con i loro rituali che Inni viene in contatto: Arnold Taads ha scelto il tempo e la montagna come banco di prova della ricerca di senso dopo che ha perduto la sua fede in Dio, mentre il figlio Philip cerca conforto dal suo fastidio di fronte alla vita nelle pratiche mistiche orientali, lo yoga, la meditazione zen, la lettura di Kawabata. Quanto a Inni rimane estraneo di fronte a quelle scelte e lo vediamo cercare la felicità in quella che considera simbolo stesso dell'irrazionalità del vivere: la donna. E' con loro che compie i suoi rituali, passando ore a letto con la moglie Zita ripetendo Inni Inni Zita Zita o, in occasioni straordinarie, vellutate varianti: Zinnies, Itas, Inizitas, Zinnininitas, Itizitas; le donne sono per lui la sua religione, il centro, l'essenza di tutto, la grande ruota che faceva girare il mondo intero dalla notte che ha passato da ragazzo insieme a Petra, baciandosi e sussurrando formule magiche, momento in cui anche le parole diventano finalmente amiche. Perchè se il mondo era un enigma, le donne erano quella forza che teneva in vita l'enigma.

Nessun commento:

Posta un commento