venerdì 1 gennaio 2016

Mucchio d'ossa di Stephen King

Esco dall'immersione in Mucchio d'ossa pensando: finalmente una storia di fantasmi; e anche: bisogna leggere, ascoltare, vedere qualche storia sui fantasmi. La casa infestata di Amatissima di Toni Morrison, Rebecca la prima moglie della Du Maurier (o il film di Hitchcock), Jane Eyre con il fantasma vivente rinchiuso nella torre; le storie di fantasmi di Dickens, di Henry James, di Edith Warthon. Almeno Giro di vite, con quegli amanti terribili e quei bambini indifesi. E naturalmente Stephen King e i suo amici: le gemelline del corridoio possono dare l'idea. Bisogna conoscerle come si conoscono le storie del lupo cattivo, di Barbablù e della strega che rinchiude Hansel e lo fa ingrassare. Perché sono storie vere, perché i fantasmi esistono come esistono i cattivi. Allora bisogna stare all'occhio, in entrambi i casi e saper riconoscere malvagi e spettri, che abbiamo intorno e dentro di noi. Se non crediamo ai fantasmi non capiremo mai che siamo a volte guidati da forze oscure (o luminosissime) e non sapremo combatterli o farci accompagnare. Non capiremo la storia e quanto aleggi tutta intorno a noi, spingendoci e confondendoci. I fantasmi esistono, ce li portiamo in giro e a volte ci tirano verso luoghi desolati. Oppure ci salvano, o chiedono aiuto. Per fortuna qualcuno li porta alla luce e ci ricorda di guardare bene cosa teniamo nascosto laggiù in cantina.



E questo lo consiglio proprio a tutti. Storia di un lutto da elaborare, di una comunità chiusa in se stessa, di segreti da svelare, di una bambina da salvare, di sogni che sono viaggi nel tempo e nel proprio intuito, del mestiere di scrivere, di vecchi che non mollano il potere. E di fantasmi, ma quelli veri, che ti alitano sul collo e ti lasciano messaggi scrivendo con la farina, che sussurrano nella notte e piangono lungo le tubature della casa. Una casa che chiama, con la voce di una cantante nera di cui non sono rimaste registrazioni: non è che un ballo campagnolo, zucchero, non è che un giro giro tondo.
Stephen King fa lavorare i suoi ragazzi laggiù in cantina che vanno a cercare nei luoghi nascosti e portano alla luce i loro tesori, come il poeta tuffatore del porto sepolto di Ungaretti. Si va in fondo, e si ritorna alla luce: poi si disperdono i canti.
Infine: questo è un romanzo sulle ossa pieno di vita; mette voglia di cantare. Sali in giostra, direbbe Lansdale, qui si parte sul serio. Ma non aver paura, zucchero, è solo un giro giro tondo.

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