domenica 18 ottobre 2015

Via dalla pazza folla di Thomas Hardy


Una scrittura dettagliatissima nelle descrizioni della natura (la pioggia, la brina, il temporale, il vento tra gli alberi, le pecore, le pecore, le pecore) che mi fa pensare ancora una volta che qualcosa abbiamo perduto nell'epoca della riproducibilità delle immagini: la capacità di vedere e quindi di trovar parole per raccontare in modo così preciso avvenimenti quotidiani. La tosatura delle pecore, una notte in collina a percepire lo spostarsi delle stelle verso oriente, il percorso delle gocce lungo i ramoscelli, i rumori di un bosco sono i coprotagonista del romanzo, cornice ed essenza della giovane e bella Bathsheba, eroina modernissima (oggi più di trent'anni fa) che riflettendo sul matrimonio si dichiara ben disposta, se non comprendesse l'obbligo di avere un marito. Romanzo sull'educazione sentimentale di una ragazza indipendente e volitiva, dolce e sincera ma anche sciocca e capricciosa:
 giovane, insomma, e umana; una che sbaglia e che paga carissimi gli errori. Perché nel mondo di Hardy, i sentimenti sono armi pericolosissime: non fanno solo soffrire, portano alla pazzia, alla malattia, alla morte. La visione tragica dell'autore qui non è ancora totale e la figura del fittavolo Oak è completamente positiva: uomo capace, dai sentimenti profondi, giusto e paziente ma mai disposto ad essere servile, è l'angelo custode di Bathsheba tra la pazza folla che la circonda e da cui è coinvolta.
Menzione speciale alla scena in cui Bathsheba nella notte si trova sola in casa con il cadavere della rivale e decide di perlustrare l'improvvisato carro funebre alla ricerca di un eventuale bambino: siamo alle soglie dell'oscurità di Jude.





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