domenica 2 ottobre 2016

Le ragazze di Emma Cline


«Non appena mi cadde l'occhio sulle ragazze che attraversavano il parco, la mia attenzione restò fissa su di loro. Quella dai capelli neri con le sue accompagnatrici, la loro risata un rimprovero alla mia solitudine. Stavo aspettando che succedesse qualcosa, senza sapere cosa. E poi ecco».


Evie è una ragazzina, quasi una bambina. Vive con la madre, dopo che il padre se n'è andato con una ragazza più giovane. Va a scuola, ha un'amica del cuore, Connie, con la quale passa giornate interminabili ad aspettare che accada qualcosa: che qualcuno la veda, che un ragazzo la guardi e le faccia capire che va bene. Un giorno incontra in un parco un gruppo di ragazze, diverse da tutto quello che conosce: incuranti degli sguardi, chiuse nella loro alleanza, altere e sprezzanti. Evie se ne innamora all'istante, di tutte loro, ma soprattutto di Suzanne, che è con evidenza la più forte, la più oscura, la più affascinante. Da quel momento inizia per Evie una nuova vita, finalmente la vita dove le cose accadono, dove un uomo come Russel, guida spirituale del gruppo, ti guarda e ti dice che sei speciale.
Il meccanismo della suspence funziona perfettamente in questo romanzo che ricostruisce la storia di una strage ricalcata su fatti veramente accaduti, gli sconvolgenti omicidi di Sharon Tate ed amici, avvenuta a Beverly Hills nel 1969 per mano di seguaci di Charles Manson.
Evie, ci viene detto fin dall'inizio del romanzo, non verrà coinvolta nella strage, non verrà accusata, rimarrà nell'ombra: non vista, ancora una volta. E dovrà convivere con la consapevolezza della propria complicità profonda con quel mondo di ombre: un buio che allora pareva luminosissimo, quando lo sguardo di Suzanne illuminava ogni cosa.
Evie, la ragazzina, la quasi-bambina sulla linea d'ombra: concentrata sull'essere vista, più che sul costruirsi; una informità pronta ad assumere le sembianze richieste, se queste assicurano amore, attenzione. Anche a scindersi, per guardarsi da lontano fare cose che non sa se vuole: sesso, droghe, delinquenza. Ma sapere cosa si vuole richiede un'attenzione diversa, rivolta ad altri canali della propria sensibilità; canali che trasmettono così debolmente, a volte, che le onde di quello che chiedono gli altri possono coprire completamente. Si scompare, allora, per essere presenti solo come forma mutevole, pronta ad adattarsi alle richieste. Un pericolo particolarmente femminile, dichiara la giovane autrice.
'Non che stessero cadendo da chissà quali altezze: sapevo che il semplice fatto di essere una ragazza a questo mondo ti riduceva la capacità di credere in te stessa. I sentimenti sembravano qualcosa di totalmente inaffidabile, come balbettii sconnessi ricavati da una tavoletta per le sedute spiritiche'.
Ma in fondo, il racconto di Albinati ne La scuola cattolica, ci racconta che anche per i giovani maschi il collante è tutto nel loro continuo confronto, ed i corpi femminili sono a volte terreno di scontro per una faccenda prevalentemente maschile. La costruzione dell'identità passa sempre attraverso lo sguardo di un contesto che ti si può chiedere di essere docile o violento, o docilmente violento.
Una coincidenza, l'interesse della giovane americana Emma Cline e del nostro più maturo Albinati per la violenza che si genera nel branco e per le questioni di genere, che mi fa riflettere su cosa ci sia nell'oggi che ci riporta a pensare al quegli anni a quelle follie.


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